Un ragazzo non vedente e la sua esperienza a bordo di un ultraleggero. Così emozionante, anche senza poter ammirare dall’alto i panorami, la città e i campi.
Mi chiamo Michele. Mike per gli amici. Anzi, Cordino. Un soprannome che mi viene dal fatto che quando corro, lo devo fare legandomi al polso di qualche amico proprio con un cordino. Una scelta obbligata, dal momento che non ci vedo. Colpa di una fottuta malattia degenerativa, che mi ha tolto la vista quando ero adolescente. Ma non mi ha tolto la voglia di mettermi in gioco. Nè di provare nuove esperienze. Soprattutto quando si tratta di sport. I miei amici lo sanno, ed è per questo che mi hanno giocato un bello “scherzetto”. Nel giorno del mio 35° compleanno, mi hanno detto: «Mike, si va a correre?». In campagna, poco fuori Milano. Una corsa di gruppo per festeggiare. Lungo i viottoli di campagna intorno a Cusago. Cinque o sei chilometri, caldo pazzesco, le cicale che cantano. A un certo punto, sento il rombo di un motore. Mi sembra di riconoscerlo: una Guzzi, sicuramente. I miei amici sogghignano. Non mi piace. «Vestiti», mi dicono. Mi fanno infilare una tuta da ginnastica pesante. La tira fuori da uno zaino mia moglie Daniela, anche lei non vedente. Allora sapeva!!!! Comincio a essere preoccupato… Il motore non è quello di una Guzzi, ma di un ultraleggero. Aiuto! Mi presentano Roberto, il pilota, faccia simpatica (non chiedetemi come faccio a saperlo: le persone le riconosco dalla voce) e stretta di mano poderosa. Mi mostra il mezzo. Me lo fa toccare: le ali, il seggiolino, il suo posto di guida… Sono un po’ preoccupato, ma salgo. Decido di fidarmi. “Ciecamente”. D’altronde è sempre così. Quando corro, quando nuoto, quando scio… L’ultraleggero comincia a rollare sulla pista d’erba. Una breve rincorsa e poi si alza. Un tuffo al cuore. La sento, l’impennata. Sento l’aria sulla faccia. Il grosso casco con l’interfono mi tiene in contatto con Roberto. «Tutto bene?», mi chiede. «Alla grande», rispondo. Poi ci stabilizziamo in quota. Lui mi descrive il panorama che scorre sotto di noi. I campi e le cascine di Cusago e di Cisliano. I primi tetti di Milano un po’ più in là.
Gli occhi blu delle piscine delle ville. I campi di mais e di grano. I canali… Sento gli odori di tutte queste cose che arrivano alle mie narici. L’aria è frizzante, anche se giù fa caldo. Non rimpiango di essermi coperto ben bene. Qualche anello, rettifili, poi un paio di picchiate. I miei amici, laggù, devono essere puntini che agitano le mani. «Preparati all’atterraggio», mi dice Roberto. Si ballerà un po’. E infatti quando l’ultraleggero tocca terra, le ruote sobbalzano sul terreno. Nella frenata la cintura di sicurezza mi comprime il petto. Poi il motore abbassa la voce. E sento quelle dei miei amici che mi raggiungono: «Grande Cordino, anche questa è fatta!».
Fonte : actionmagazine.it