Da San Miniato ad Altopascio in 28,650 km.
La tappa di ieri, grazie al sole ed alle scottature su braccia e gambe, la capitoliamo come quella del fuoco.
Oggi comincia invece la serie delle tappe lunghe, quelle dove occorre tirar fuori le unghie e far vedere che, anche qui, non ci sono sconti per nessuno.
Le guide, ormai diventate amiche, assolvono il loro compito con passione e dedizione ed è emozionante vedere degli ultra settantenni porgere il braccio ad un ceico e raccontargli come mettere i piedi per saltare sui sassi ed attraversare un torrentello.
Questo è il quinto giorno di cammino.
Stiamo bene ed in noi tanta energia positiva che si libera nell’aria. Ci accorgiamo di quanto corriamo inutilmente durante la quotidianità, di come potrebbe esser semplice tirare il freno a mano per godersi una passeggiata, i suoni della natura o del silenzio, per ascoltare il prossimo o rendersi disponibili anche con piccoli gesti a qualcuno. Un attimo di debolezza che però è necessaria per capire che siamo fortunati ed il mondo in questo momento ci accompagna sorridendo.
San Miniato è uno dei centri più interessanti da visitare in tutto il Valdarno Inferiore, con importanti testimonianze medievali civili e religiose.
Il centro medievale si stende lungo i crinali dei poggi dov’è situato l’insediamento e riflette la sistemazione urbana data a San Miniato da Federico II nel XIII secolo, imperatore la cui antica Torre domina il paese.
San Miniato è famosa anche per i Tartufi Bianchi: ogni anno il secondo, terzo e quarto week-end di novembre, nel centro storico, si svolge l’importante
Mostra Mercato Nazionale del tartufo bianco delle Colline Samminiatesi.
Foto di gruppo davanti al convento e si parte.
Transitiamo per la zona delle Cerbaie, durante il medioevo temute per la presenza di banditi, la fitta vegetazione dei boschi e delle zone paludose. Il percorso si sviluppa tra coltivi, boschi e zone bonificate. Nella parte finale della tappa, prima di Galleno, percorriamo uno splendido tratto selciato dell’antica Via Francigena. In lontananza si inizia a intravvedere tra la vegetazione il campanile della Smarrita, la campana che alla sera aiutava con i suoi rintocchi a orientarsi nella brughiera.
Eccoci a Fucecchio, fondato dai conti Cadolingi, famiglia di probabile origine longobarda, attorno al decimo secolo a controllo del guado del fiume Arno. Della fortezza rimane solo la Torre Grossa che domina le fortificazioni erette dai fiorentini nel quattordicesimo secolo.
Proseguiamo per Ponte a Cappiano. Costruito nel 1550 da Cosimo primo in sostituzione di un precedente ponte fortificato del quattordicesimo secolo, il ponte era in pratica una fortezza per il controllo del territorio, permette di attraversare il canale dell’Usciana, che regola il flusso delle acque dell’antico Padule di Fucecchio, noto ai tempi di Sigerico come Arne Nigra. Il ponte, coperto e fiancheggiato da quello che in origine erano abitazioni e ricoveri per i custodi del ponte, oggi ospita un ostello per i pellegrini.
Altopascio. La “Domus Hospitalis Sancti Jacobi de Altopassu”, nota anche come “Spedale di Matilda”, fu fondata nell’undicesimo secolo era uno degli spedali più famosi della via Francigena, da questo luogo ebbe origine l’ordine ospitaliero dei “frati del Tau” che controllavano numerose strutture di accoglienza lungo molte direttrici dei pellegrinaggi europei, l’ordine fu soppresso nel 1459 e tutti i beni furono dati in amministrazione ai granduchi di Lorena. L’ospitale fu attivo fino al 1780. Ai pellegrini che transitavano da questo ospitale veniva data una medaglia di metallo diverso secondo l’appartenenza a determinati ceti del pellegrino (nobiltà, clero, borghesia) chiamata “la pistacchia”, la cui riproduzione è oggi sul timbro che si appone sulla credenziale.
Ringraziamo Rina Romani, Presidente del Consiglio Comunale di Altopascio e l’intera Amministrazione per averci accolto dedicandoci tempo ed attenzione arrivati all’ostello.
Tempo di una doccia, cena e Morfeo nuovamente ci accoglie tra le sue braccia.